Tra psicopatia e disturbi di personalità

Tra psicopatia e disturbi di personalità

In una prospettiva pragmatica di psicologia investigativa e criminale, ci si sofferma, sovente, su alcune patologie psichiatriche che anche “in tempi che furono”, hanno sempre destato interesse in materia criminologica. Tra queste, vi è la psicopatia.

Tale disturbo è caratterizzato principalmente da un deficit di empatia e da incapacità di provare rimorso o sentimenti positivi, come attaccamento emotivo e propensione alla socialità. Al contrario, si delineano egocentrismo, inganno e violenza. È, comunque, tra le psicopatologie che presentavano e presentano ancora contorni e sfumatura alquanto nebulose.

Una delle prime definizioni di psicopatia si deve a Feuchtersleben, nel 1845, che voleva distinguere i disturbi mentali dalle “semplici” nevrosi. Nel 1907 fu quindi Kraplein che coniò il termine di personalità psicopatica, collocandola nel concetto più ampio di “degenerazione”. Pazzie degenerative e pazzie morali erano, al pari, considerate difformità psichiche che rimangono immutate per tutta la vita. Proprio in tali categorie troviamo: il delinquente nato, gli instabili, i bugiardi e i truffatori morbosi, gli pseudo-querulanti (Fornari, 2015).  Cleckley, nel trattato di psichiatria (Arieti, 1969, apg. 558 e ss.), come riportato ancora magistralmente da Fornari, tratta in maniera eloquente il tema degli stati psicopatici, sottolineando che si andava delineando maggiormente l’esigenza scientifica di parlare di disturbo di personalità.

“… è una persona che apparentemente ha capacità normali … frequentemente dimostra di possedere un’intelligenza superiore … ma, inevitabilmente, egli fallisce, perde il lavoro, si aliena la simpatia degli amici, talvolta la moglie e i figli … col passare del tempo egli si mostra inadeguato … i suoi insuccessi lo privano di quello che egli considera i suoi obiettivi principali … la maggior parte dei veri psicopatici commette anche degli atti aggressivi antisociali. Falsificano assegni, rubano ripetutamente, diventano bigami, sono bugiardi e non mostrano alcuna inibizione nel proprio comportamento sessuale, senza dar peso alle eventuali conseguenze. Alcuni che hanno attratto l’opinione pubblica hanno commesso omicidi o altri gravi delitti, di solito senza essere stati provocati, spesso senza motivi comprensibili … è  difficile illustrare brevemente questo schema impressionante di insuccessi ripetuti e di volontaria condotta, sconsiderata, insensibile e antisociale, … i legami emotivi e gli atteggiamenti che essi proclamano non riescono a impedire loro di compiere delle azioni che contraddicono continuamente le loro affermazioni verbali … sembra che vi sia in loro ina strana mancanza di insight … in loro esiste una totale mancanza di rimorso o di sensi di colpa …”.

Hare (2009), riconosce la gravità della psicopatia nel disturbo di personalità. Egli si riferisce a 2 fattori principali:

  1. Deficit interpersonale/affettivo: mancanza di sincerità o fascino di facciata, sé grandioso, menzogna patologica, truffatore o manipolatore, mancanza di rimorso o colpa, affettività superficiale, insensibilità, crudeltà o mancanza di empatia, non accettazione delle proprie responsabilità.
  2. Devianza sociale/antisociale: bisogno di stimolazioni o facilità ad annoiarsi, stile di vita parassitario, scarso controllo del comportamento, pregressi problemi comportamentali, mancanza di obiettivi realistici, a lungo termine, impulsività, irresponsabilità, delinquenza giovanile, revoca di misure condizionali, comportamenti sessuali promiscui, numerose esperienze coniugali di breve durata, tendenza a commettere delitti.

Il fattore 1 riflette le caratteristiche interpersonali e affettive della psicopatia; il fattore 2 invece, il comportamento antisociale.

Psicopatia e Disturbo Antisociale di Personalità, se per alcuni versanti simili, non sono costrutti analoghi.

Un disturbo di personalità è definito come:

A-Un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due o più delle seguenti aree:

  1. Cognitività.
  2. Affettività.
  3. Funzionamento interpersonale.
  4. Controllo degli impulsi.

B-Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia verità di situazioni personali e sociali.

C-Il pattern abituale determina disagio clinicamente significativo e compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti.

D-Il pattern è stabile e di lunga durata, e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’adolescenza o alla prima età adulta.

E-Il pattern abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale.

F-Il pattern abituale non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza o di un’altra condizione medica.

Tra tutti quelli affetti da disturbi della personalità, i pazienti antisociali sono i più “studiati”. Di fatto, occorre considerare che il confine tra i vari disturbi non è così definito e chiaro. Lo stesso disturbo antisociale di personalità ha delle “somiglianze” con il concetto di follia morale dell’800!  

Nelle tradizionali situazioni terapeutiche tali soggetti possono mentire, ingannare, rubare, minacciare o compiere atti e comportamenti irresponsabili. 

Nel DSM 5, da un punto di vista categoriale, vi è ancora la distinzione tra:

  • gruppo A: disturbi di personalità Paranoide, Schizoide e Schizotipico;  
  • gruppo B: disturbi di personalità Antisociale, Borderline, Istrionico, Narcisistico;
  • gruppo C: Disturbi di personalità Evitante, Dipendente, Ossessivo-Compulsivo; modificazione della personalità dovuta a un’altra condizione medica; Disturbo di Personalità con altra specificazione; Disturbo di Personalità senza specificazione.

Gli elementi identificativi del Disturbo Antisociale di Personalità sono: inosservanza e violazione dei diritti degli altri;  incapacità di conformarsi alle norme sociali;  disonestà e manipolazione;  instabilità affettiva, lavorativa e relazionale;  impulsività e incapacità di pianificare;  irritabilità e aggressività;  mancanza di rimorso. Di fatto, non vi è poi grossa differenza tra questo disturbo e la “vecchia pazzia morale” (Fornari, 2015).

Ognuno ha il diritto di manifestare le propria personalità e le sue variegate sfaccettature. In tale manifestazione, però, non si può ledere la libertà altrui e le stesse norme previste. La violazione di queste implica un intervento del sistema sociale e di quello giudiziario ma non di quello della sanità(Fornari, 2016).

Le varie classificazioni di tipo descrittivo, sino all’odierno DSM-V,  colgono, di fatto, la dimensione fenomenica dei Disturbi di Personalità, oltre a quella comportamentale e categoriale.

In chiave di analisi comportamentale e di analisi del crimine, deve essere posta una certa attenzione anche alla così detta dimensione borderline. Spesso considerata “pattumiera psichiatrica”, rappresenta un vero spartiacque tra quella abnorme e quella psicotica propriamente detta.

Nel DSM-V, il disturbo borderline di personalità viene così descritto:

a) Una modalità pervasiva di instabilità delle relazioni interpersonali, dell’immagine di sé e dell’umore e una marcata impulsività, comparse nella prima età adulta e presenti in vari contesti, come indicati da uno o più dei seguenti elementi:sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono;

  1. sforzi disperati di evitare un reale o immaginario abbandono;
  2. un quadro di relazioni interpersonali instabili e intense, caratterizzate dall’alternanza tra gli estremi di iperidealizzazione e svalutazione;
  3. alterazione dell’identità; immagine di Sé e percezione di Sé marcatamente e persistentemente instabili;
  4. impulsività in almeno due aree che sono potenzialmente dannose per il soggetto, quali spendere, sesso, uso di sostanze, guida spericolata, abbuffate;
  5. ricorrenti minacce, gesti, comportamenti suicidiari o comportamento automutilante;
  6. instabilità affettiva dovuta ad una marcata reattività dell’umore;
  7. sentimenti cronici di vuoto;
  8. rabbia immotivata e intensa o difficoltà a controllare la rabbia;
  9. ideazione paranoide o gravi sintomi dissociativi transitori, legati allo stress.

La classificazione I.C.D.-10 (1992) parla, invece, di: disturbo di personalità emotivamente instabile, tipo impulsivo, tipo borderline.

Esistono altre teorizzazioni a proposito dell’area borderline, ma in generale,  diciamo che essa è contraddistinta da  evidenti alterazioni del funzionamento cognitivo e affettivo-relazionale, disforia ansiosa, irritabilità costante, instabilità affettiva, discontrollo degli impulsi, auto distruttività, disturbi dell’identità, Io debole e diffusivo, ricorso all’utilizzazione di meccanismi primari di difesa.

Senza dubbio, in chiave di analisi, dovremmo anche riferirci a quelle azioni criminali e delitti che rappresentano un coacervo psicopatologico inquietante, complesso e controverso, senza tralasciare l’approccio della letteratura psichiatrica tra monomania, raptus, discontrollo episodico e disturbo mentale transitorio. Lo stesso serial killer è ovviamente oggetto di studio della psicologia criminale, con la consapevolezza che “… la maggior parte di loro sono persone normali all’aspetto e alla conversazione” (Unità Scienze Comportamentali, FBI).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.