
Relazioni disfunzionali all’interno delle sette: Strategie di adescamento e manipolazione
L’aggregazione sociale è una tendenza naturale in quanto dimensione fondamentale della vita dell’uomo. Provando a stabilire una definizione generale di gruppo possiamo affermare che esso è un insieme di individui che interagiscono tra loro in modo reciproco sulla base della condivisione di interessi, scopi e regole, sviluppando ruoli e relazioni interne.
Trasponendo le dinamiche relazionali all’interno dell’ambito criminologico, possiamo vedere come esse talvolta possono riguardare rapporti di totale condizionamento dall’altro e in questo senso, a partire dalla spontanea socialità umana, si può diventare persino dipendenti da un gruppo.
Uno dei termini con cui spesso si tende a connotare negativamente un gruppo è quello di setta, la cui espressione ha assunto con il passare del tempo un significato dispregiativo e più ristretto rispetto alla sua etimologia derivante dal latino “sequor”, che vuol dire genericamente “seguire”.
Oggi si definiscono sette quelle organizzazioni minoritarie, caratterizzate da una marcata tendenza a fare proseliti attraverso metodi immorali e/o illegali.
Secondo la psicologa statunitense Margaret Singer, una relazione settaria è un tipo di relazione in cui una persona induce intenzionalmente un’altra a divenire totalmente o quasi totalmente dipendente da sé e dal movimento, per quanto riguarda la maggior parte delle decisioni più importanti della vita.
È fenomeno relazionale di adescamento dove la persona all’inizio è soggiogata e succube, ma in poco tempo si auto-condiziona o viene condizionata, e da neofita passa a adepto, arrivando a condividere a pieno tutti i principi cardine del leader settario.
Ogni setta, così come ogni gruppo, ha un suo leader ed in genere si tratta di un soggetto dotato di carisma e di grande intelligenza sociale, capace di utilizzare le proprie risorse comunicative per imporre sé stesso ai propri adepti in modo brillante e seduttivo.
In ambito criminologico possiamo affermare che esso rientra nella figura del narcisista patologico: ha una piena consapevolezza di sé, un sé grandioso che non considera l’altro e le sue emozioni, non entra in contatto con il dolore o il piacere dell’altro poiché quello che conta è solo quello che vuole ottenere, e può fare di tutto pur di raggiungerlo.
Un altro disturbo riscontrato frequentemente in questi soggetti è quello antisociale di personalità che indica un gruppo correlato di tratti, e tra i più importanti ritroviamo il dominio e l’aggressività.
Quando il termine “antisociale” viene applicato al comportamento, esso descrive comportamenti manipolativi in contrasto con quelli prosociali e costruttivi per la comunità.
Provando ad immaginare una rappresentazione della setta dobbiamo pensarla come ad una T rovesciata, dove l’unico a detenere il potere è il leader al vertice. Gli adepti alla base si convincono di avere un ruolo, ma il leader li muove secondo i suoi scopi, dando loro il compito di ricerca dei neofiti attraverso parametri specifici, in base a quello che vuole ottenere.
Il modus operandi con il quale agiscono, indipendentemente dalla tipologia, rimane comunque sempre il medesimo.
L’individuo viene da subito accettato dal gruppo e fatto sentire parte integrante di esso, in modo da rendere più semplice il passo successivo, ovvero quello di farlo sentire sempre meno padrone della propria vita, dei propri affetti, dei propri averi e, infine, della propria volontà.
Una volta compiuto questo passaggio l’individuo è pronto a credere ciecamente agli ordini impartiti dal leader, fino ad arrivare a gesti estremi.
Quello che normalmente viene promesso all’interno dei movimenti settari è la possibilità di un’elevazione ad un bene superiore, e ad una salvezza del mondo. Questo sarà possibile solo grazie a particolari poteri detenuti dal leader, per cui i membri pur di raggiungerlo saranno disposti a tutto, anche a sacrificare la loro vita.
Gustav Le Bon nel libro Psicologia del folle (1895) spiega come all’interno del gruppo le motivazioni del singolo si dissolvono e si rifanno a quelle della collettività. Il proprio sé smette di esistere in funzione di un sé più grande e più forte del gruppo di riferimento.
Lo scopo del leader è far sì che la persona non si ritrovi più nella propria autonomia e indipendenza, ma che sia un tutt’uno con il gruppo. A questo punto si abbassa l’autostima: la persona crederà di non riuscire più a farcela con le proprie risorse e capacità, e solo quello che dirà il leader avrà valore.
Chi possiede determinate abilità riesce a capire come rendere vulnerabile una persona in modo sistematico, e ad isolarla dal resto della comunità: ne controlla il comportamento, il modo di pensare, le informazioni che riceve.
I sintomi psicologici a lungo termine sono tra i più deleteri, poiché la setta funziona per deprivare l’identità individuale.
Steven Hassan nel suo libro, Mentalmente liberi. Come uscire da una setta (1999), spiega che per risolvere un problema di “dipendenza da un gruppo” si possono seguire diverse strade.
Tutto è più semplice se si riesce a favorire una graduale consapevolezza del legame dipendente che si è stabilito con il gruppo: osservarsi da un altro punto di vista e dare ascolto alla propria voce interiore, sono i punti fondamentali indicati da Hassan per fuoriuscire dal controllo mentale.
Ciò è possibile quando la persona coinvolta nel problema riesce a riattivare le proprie capacità critiche e la propria capacità di mettersi in discussione, rivedendo quegli aspetti di pensiero del gruppo che sono diventati dei nuovi punti di riferimento.
Spesso è necessario rispondere con l’aiuto professionale al bisogno di rielaborare quanto è accaduto, al fine di strutturare nuove reti relazionali positive, per evitare ricadute o problematiche psicosociali che comunemente possono seguire l’uscita dalle sette.
Bibliografia
Barresi F., Sette religiose criminali. Dal satanismo criminale ai culti distruttivi, Edup, Roma, 2006
Hassan S., Mentalmente liberi. Come uscire da una setta, Avverbi, Roma, 1999
Pellegrino A., Bassi S., Esposito F.P., Indagare l’occulto. Fondamenti di criminologia clinica e giornalismo investigativo applicati all’esoterismo, Libraio editore, Milano, 2019