
Neurobiologia della Psicopatia
di Giovanna CICCARONE
La legge considera lo psicopatico come una persona nel pieno delle sue facoltà mentali, quindi, in grado di intendere e di volere. La psicopatia non è associata ad una psicopatologia e, di conseguenza, l’autore di reato psicopatico è valutato imputabile senza nessuna possibilità di diminuzione della responsabilità giuridica.
Questo punto di vista non è condivido dalle neuroscienze. Studi emergenti stanno concentrando la loro attenzione su un’ipotetica conformazione diversa del cervello psicopatico rispetto al cervello di una persona che non presenta tale caratteristica. Il fulcro di tutto sembra essere l’amigdala, la struttura sottocorticale individuata come responsabile della gestione dei processi emozionali; essa risponde a indizi di disagio o di sofferenza negli altri e, quindi viene ritenuta essenziale nel trattenere i soggetti dal mettere in atto comportamenti anti-sociali. Il funzionamento dell’amigdala nei soggetti psicopatici risulta in genere fortemente alterato durante la presa di decisioni morali. Anche tre delle aree principali annesse al sistema limbico risultano meno attive. Dunque, se esiste un deficit a livello delle aree celebrali deputate al controllo morale, la conseguenza sarà che lo psicopatico non è in grado di ragionare in termini di etica: egli ragiona esclusivamente in termine di vantaggio. Inoltre, il cervello dello psicopatico non si attiva di fronte a stimoli a valenza emotiva siano essi positivi oppure avversi.
Altre differenze riscontrate tra la neurofisiologia del cervello normale e quella del cervello psicopatico sono le seguenti: disturbi a livello del linguaggio dovuti alla mancata laterizzazione e al differente processamento delle parole; gli psicopatici sono meno attivati da situazioni ansiogene, ciò li spinge a mettere in atto condotte più estreme e rischiose; impulsività e mancanza di pianificazione: lo psicopatico non impara dalle punizioni ed è particolarmente attratto dalla ricompensa immediata. Tutti questi deficit neurologici manifestano conseguenze strettamente correlate tra loro. La mancanza di empatia spinge iò soggetto ad avere difficoltà ad utilizzare il linguaggio e spiegare i propri vissuti emotivi. Gli psicopatici utilizzano le parole solo per manipolare e non per esprimere sentimenti. Quelle dello psicopatico non sono emozioni ma proto-emozioni niente di più che risposte primitive a bisogni immediati.
Concludendo, una volta appurato che la neurobiologia del cervello dello psicopatico differisce rispetto alla neurobiologia celebrale tradizionale, resta soltanto una domanda da porsi: è la diversa conformazione del cervello a determinare la psicopatia o e la psicopatia a generare una diversa struttura celebrale? L’ipotesi più probabile sembra portarci verso la risposta più semplice: ad essere responsabile dello sviluppo di una personalità psicopatica è un ovvia interazione tra genetica e ambiente, tra predisposizione dell’individuo ed esperienze che segneranno la sua esistenza.
PSICOPATIA E CRIMINALITA’
Abbiamo già accennato che gli psicopatici sono caratterizzati da insensibilità e distacco emotivo; questo rende loro molto più facile vittimizzare gli altri e strumentalizzare la violenza con il solo scopo di raggiungere i propri turpi bisogni. A causa della loro propensione a non seguire e rispettare le regole, tali individui hanno un’alta probabilità di divenire protagonisti di varie tipologie di crimine, senza esclusione dei delitti più efferati. In particolare, il risultato a cui diverse ricerche sono giunte è il seguente:” gli psicopatici sono molto più inclini all’uso del comportamento violento e aggressivo rispetto ai criminali in generale ed inoltre i criminali psicopatici continuano a delinquere anche con l’avanzare dell’età, a differenza dei criminali normali che mostrano invece un declino nella frequenza e nella gravità dei loro crimini man mano che l’età avanza. I crimini commessi dagli psicopatici non solo sono maggiori rispetto ai criminali in genere ma sono anche diversi; sono più efferati, più violenti, più aggressivi. Sempre calcolati perché utili al raggiungimento di uno scopo e mai frutto di raptus incontrollabili.
È dimostrato che alti livelli di psicopatia sono dei validi preditori della violenza e della recidiva. Per questo motivo uno strumento come la PCL-R (psycophaty checklist-revised) è di fondamentale importanza per la pratica forense poiché può permettere di assumere delle decisioni accurate durante i vari aspetti della pena.
Risulta importante però precisare una cosa: sebbene la psicopatia sia strettamente associata al comportamento criminale e antisociale, non bisogna confonderla con il concetto generale di criminalità. Non soltanto gli psicopatici possono commettere crimini!
In: LE NEUROSCIENZE NELLA VALUTAZIONE DEL COMPORTAMENTO CRIMINALE: UN’ANALISI DELLE IMPLICAZIONI FORENSI. Tesi Master in Criminologia. Di Giovanna Ciccarone.