L’autopsia psicologica

L’autopsia psicologica

Identificare bene la tipologia di vittima, così come dell’autore di un reato o crimine è compito del profiler che cerca di ricostruire la meccanica e le dinamiche di un dato evento criminoso. È indubbio che l’analisi della scena del crimine appare quanto mai importante. Il criminal profiling è un lavoro meticoloso che supera l’analisi del modus operandi. Oltre ai modelli di CSA, crime scene analysis che derivano in larga parte dal lavoro specialistico del FBI, la Psicologia Investigativa di Canter, in Inghilterra, svolge un altro importante ruolo. L’approccio anglosassone introduce un aspetto strategico in termini vittimologici: le narratives. Esse rappresentano resoconti autobiografici, ovvero modalità diverse che ognuno mette in atto per dare un senso ai propri vissuti e all’esperienze. Le vittime appaiono così dei mezzi o degli strumenti per soddisfare i propri bisogni emotivi (Canter, 1995).

Parallelamente, appare strategica, in chiave di investigazione e analisi, l’applicazione delle attività di mapping. Nello specifico, il “crime mapping consiste nell’utilizzo di un coacervo di tecniche, conoscenze e strumentazioni che forniscono un’analisi statico-geografica dello studio dei reati commessi in un determinato ambito spaziale e temporale …” (Turco e altri, 2016, pag. 245).È evidente la rilevanza di tale attività anche in ambito vittimologico.

Al pari, negli anni sessanta, assunse una chiara collocazione la tecnica nota come psychological autopsy, ovvero l’autopsia psicologica. Fu realizzata da Edwin S. Shneidman e collaboratori, presso il Centro per la Prevenzione del Suicidio in Los Angeles e sino ad oggi appare la tecnica più idonea da utilizzare in caso di morte violenta o in situazioni di morte equivoca. Con l’applicazione di essa, prende realmente atto, in senso pragmatico, l’approccio sistemico della coppia criminale e le interazioni carnefice-vittima. La vittima, quindi, comincia ad occupare il ruolo cruciale per lo sviluppo delle indagini e delle investigazioni e non appare più marginale. Il focus sulla vittima rappresenta una grande conquista per la psicologia giuridica e per le tecniche investigative (Volpini, 2012).

Indagare e repertare le informazioni psicologiche e psicopatologiche della vittima prima del decesso diventa dunque di estrema rilevanza per le indagini, proprio per formulare ipotesi attendibili sulle dinamiche delittuose. L’autopsia psicologica con il profiling ampliano allora il potenziale investigativo. “La storia della vittima può dare … importanti informazioni sugli antefatti e lo stile di vita e portare, attraverso queste informazioni, a dirigere i sospetti ed a indirizzare l’investigazione” (Bonicatto e altri, 2006, pag. 53).

Per Canter (1985) l’autopsia psicologica è la valutazione delle condizioni psicologiche di un soggetto deceduto in circostanza dubbie o che potrebbero essere ricondotte ad un suicidio. È dunque un esame approfondito di comportamenti, pensieri, relazioni e sentimenti antecedenti alla morte. Lo scopo è quello di valutare lo stato mentale del soggetto-vittima.

A tal scopo, è importante analizzare molte fonti e valutare le informazioni.

Shneidman e Farberow, psicologi americani, elencarono 16 categorie su cui indagare e le varie aree riguardano in special modo le relazioni interpersonali e i pensieri e i vissuti rispetto alla morte.

  1. Informazioni sulla vittima.
  2. Dati sulla morte.
  3. Profilo storia vittima.
  4. Modalità di morte (eventuale) avvenute nella famiglia della vittima.
  5. Modelli di reazione allo stress.
  6. Tensioni, preoccupazioni, problematiche passate e recenti.
  7. Ruolo di alcool e atre droghe.
  8. Relazioni interpersonali.
  9. Fantasie, pensieri, premonizioni, paure della vittima rispetto a incidenti e morte.
  10. Sogni e incubi.
  11. Cambiamenti avvenuti prima del decesso (abitudini, alimentazione, hobbies, sessualità).
  12. Informazioni sui successi e progetti in vita.
  13. Valutazione delle intenzioni.
  14. Grado di letalità del gesto.
  15. Reazioni alla morte della vittima.
  16. Annotazioni.

Interessante anche il modello di Young (Criminal Justice Department, Kansas) che ampliò, di fatto, il precedente protocollo, poiché colse l’esigenza di standardizzare in modo più accurato la procedura (Tosto, 2011). Di standardizzazione si preoccupa anche Jack Annon che nel 1995 propose un altro modello che prevede 4 fasi precise:

  1. Esame della scena del crimine.
  2. Studio del rapporto di polizia, testimonianze, autopsia.
  3. Documenti relativi alla vita della vittima.
  4. Interviste ai familiari, amici e colleghi.

La griglia di Ebert, psicologo americano, appare ugualmente significativa. Egli analizza, nello specifico: storia familiare legata all’utilizzo di alcol, esame del contenuto e dello stile di appunti e scritti, analisi della tipologia dei libri letti dalla vittima, valutazione delle relazioni interpersonali, relazioni coniugali, valutazione dello stato d’umore, disagi psico-sociali, ricostruzione di una storia cronologica prima del decesso, linguaggio e modificazioni di esso, uso di droghe, anamnesi medica, esame dello stato mentale, storia psicologica, rapporti dell’autorità giudiziaria, valutazione attenta della motivazione, valutazione dei sentimenti riguardo la morte e preoccupazioni e fantasie della vittima, carriera militare, decessi in famiglia, storia familiare, lavorativa, istruzione, verifica del possesso di armi o altre armi o agenti letali, rapporti di polizia.

Un caso peculiare che ha particolare rilevanza in ambito autopsia psicologica fu l’omicidio del tenente J. Lester Mee, eroe della seconda guerra mondiale. Furono analizzate dai periti incaricati, lettere, il diario personale ed alcune poesie scritte dalla vittima. e le documentazioni presso l’ospedale militare. Da lì sorse l’esigenza di standardizzare al meglio un modello integrato di autopsia psicologica.  Nacque, a Cuba,  il modello MAPI, Modello di Analisi di Autopsia Psicologica Integrato, analizzando soprattutto i casi di suicidio, omicidio e incidenti tra il 1990 e il 1996.

Il modello (Ministerio de salud publica de la Republica de Cuba. Istituto de medicina legal, 1994) è strutturato in modo da ridurre al massimo il margine di errore ed è composto da 59 items strutturati con la finalità di analizzare i principali aspetti della vittima. Esso è composto da:

  • Scheda socio-demografica.
  • Esame psichiatrico retrospettivo fino ad un mese prima della morte.
  • Aree di conflitto.
  • Profilo psicologico.

In Italia non è presente un modello standardizzato, sebbene sia palese l’utilità intrinseca e l’estensione della stessa tecnica ad altri potenziali ambiti di indagine, come ad esempio nel caso delle persone scomparse (De Pasquali, Veltri, 2014). De Leo e Patrizi (2004), dettano le prime linee guida nel nostro Paese per tentare di realizzare una procedura univoca di autopsia psicologica.

Essi prevedono: anamnesi storica della vittima, anamnesi familiare, anamnesi psicologica e psicopatologica, dati sulla morte, abitudini relazionali e interpersonali, modalità di separazione nelle relazioni di coppia, tipologia di mezzi di trasporto utilizzati e frequenza, tipologia di persone frequentate, tipologia di rapporti particolari, orientamento sessuale, eventuali forme di dipendenze, eventuali attività illecite, propensione al rischio, fasi esistenziali di transizione, vulnerabilità tipiche, rapporti tipici in questa fase di vulnerabilità, tipologia di luoghi frequentati, hobbies, eventuale partecipazione alla vita politica, adesione a gruppi religiosi, filosofici, …, attività di volontariato, eventi significativi nell’ultimo anno, eventuali preferenze di siti internet, falsificazione delle ipotesi. Tutti i dati vengono poi integrati con il caso specifico e con le diverse evidenze come, ad esempio, il rapporto medico-legale, analisi del DNA, impronte digitali, sempre in ottica multidisciplinare.

La ricerca moderna dovrebbe concentrarsi anche su tale area, dando delle risposte pragmatiche e fruibili per tutto il settore investigativo. Molto lavoro, sicuramente, è stato fatto ma tanto altro ancora ci attende, con la chiara convinzione che solo correndo insieme si può arrivare lontano.

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