
La strage di Columbine
di Gessica GRECCHI
20 aprile 1999 Stati Uniti, in una scuola del distretto di Columbine, due studenti della Columbine High School, Eric Harris e Dylan Klebold, si introdussero nell’edificio armati per compiere un omicidio di massa. Uccisero12 studenti e un insegnante, mentre 24 furono i feriti, compresi 3 che erano riusciti a fuggire all’esterno dell’edificio. I due autori della strage morirono suicidi a loro volta.
In un video registrato mezz’ora prima dell’attentato si scusano con le famiglie e parlano di come sarebbero stati ricordati.
Harris e Klebold avevano progettato tutto nei minimi dettagli: dopo essersi procurati le armi, hanno cercato su internet istruzioni per costruire ordigni esplosivi, e infine si sono esercitati a sparare in un bosco non lontano da casa loro.
Ma la mattina del 20 aprile 1999 non va tutto come previsto.
Le due bombe piazzate nella mensa scolastica, che avrebbero potuto provocare la morte di centinaia di studenti, non esplosero. Così alle 11:19, Harris e Klebold, che attendevano all’esterno, decidono di andare verso l’ingresso dell’istituto con una pistola, tre fucili e altri esplosivi.
Salirono in cima alle scale dell’entrata ovest, il punto più alto del campus, qui estrassero le armi cominciarono a sparare sui compagni di scuola. Sparavano a chi fuggiva, a chi trovavano seduto sulle scale a chiacchierare, giustiziarono a sangue freddo ragazzi nascosti dietro i tavoli.
L’evento richiamò l’attenzione sulla vendita e sull’uso delle armi da fuoco in America, sui problemi di sicurezza scolastica, l’uso di farmaci antidepressivi e le diseguaglianze sociali.
Già dal 1996 ci furono i primi segnali di una sempre più crescente rabbia nei confronti della società.
I giovani, infatti, avevano creato un sito web dove pubblicavano frequentemente interventi su come introdursi in un sistema informatico e su come fabbricare esplosivi, evidenziando un significativo malessere esistenziale. Harris aveva reso esplicita la sua volontà di uccidere qualcuno e Kebold manifestava deliri di rabbia e il desiderio di suicidarsi.
Nel 1998 furono arrestati per furto, perché trovati in possesso di pezzi per computer rubati da un furgone di colore bianco parcheggiato in una zona di Littleton.
Tuttavia, invece di essere processati fu loro offerto di partecipare ad un programma ideato per distogliere i minorenni da una vita delittuosa, tramite attività di rieducazione e riabilitazione. Entrambi avrebbero risarcito il danno causato al proprietario del furgone, svolto un monte ore di servizi socialmente utili, partecipato a dei colloqui con un professionista dell’ufficio dei servizi sociali minorili che ne avrebbe seguito il comportamento, e frequentato delle lezioni di educazione civica e legalità. Per Harris, che nei moduli dei servizi sociali ammise di accusare disagi psicologici, fu predisposto anche un percorso di cura con uno psicologo. Aderendo a queste prescrizioni per un anno, i due avrebbero evitato il processo e la sicura condanna.
Ad Harris fu prescritta una cura psichiatrica che prevedeva il farmaco antidepressivo Zoloft, ma ben presto iniziarono a manifestarsi gli effetti collaterali. Harris, infatti, dichiarava di avere ideazione suicidaria e di omicidio nei confronti dei genitori. Il farmaco fu sostituito con il Luvox, un altro antidepressivo molto simile a quello precedente. Qualche opinionista sostenne in seguito, che proprio questa cura contribuì in buona parte alle azioni di Harris, poiché gli effetti collaterali di questi farmaci includono una crescita di aggressività, perdita del sentimento del rimorso, e sindromi maniacali.

Se Eric era psicopatico, in Klebold si intravedeva un depresso autolesionista, trascinato nel male dall’amico. I suoi scritti raccontano di infelicità e dell’amore per una ragazza. Dylan pensava di «lasciare questa vita, che non è granché, per stare finalmente in pace» con un ultimo gesto estremo.
Il giornalista investigativo Dave Cullen, autore del libro Columbine (2009), ha descritto Harris come “la mente insensibile brutale”, mentre Klebold come un “depressivo tremante che scriveva ossessivamente sul diario dell’amore e partecipava al ballo di fine anno di Columbine tre giorni prima di aprire il fuoco”.
Quella di Klebold e Harris è la manifestazione più estrema del disagio contro l’apparente normalità, contro l’indifferenza altrui, contro il bullismo dei coetanei, e contro l’insopportabile disequilibrio coltivato per anni.