
La doppia vita di Jean Claude Romand
di Elisa TRICARICO
Nato nel 1954, Romand crebbe nel comune di Clairvaux-les-Lacs nel dipartimento francese del Giura, una regione nota per le sue ampie aree boschive, ed ebbe un’infanzia felice sebbene in qualche modo “inquinata” da un’atmosfera familiare un po’ tesa.
La madre di Jean-Claude, Anne-Marie, soffriva di un disturbo depressivo che richiedeva periodici ricoveri in una clinica.
Jean-Claude si dimostrò uno studente brillante, e completò gli studi superiori con ottimi voti e perseguendo il sogno di diventare una guardia forestale: credeva infatti che la vita condotta dal padre e dal nonno, in completa tranquillità e sempre a contatto con la natura, fosse l’esistenza più felice che avrebbe potuto avere a sua volta.
Gli anni del liceo si rivelarono però molto duri per Jean-Claude. Presso la scuola dove era iscritto studiava anche Florence Crolet, una sua lontana cugina, una ragazza della sua stessa età per la quale Jean-Claude aveva una profonda cotta e che aveva giurato, quando fosse stato il momento, di sposare.
Florence, da parte sua, non sembrava ricambiare i sentimenti di Jean-Claude: lei era allegra, espansiva e con la passione per lo sport, e riteneva di essere incompatibile con quel ragazzo timido, impacciato, che la seguiva ovunque come se volesse perennemente controllarla.
Florence respinse il corteggiamento di Jean-Claude, ma scelse di accettarlo come amico e lo introdusse nella sua cerchia di conoscenze.
Nel 1972, Jean-Claude si iscrisse alla facoltà di Medicina e Chirurgia presso l’Università di Lione. La scelta non fu casuale: a Lione si era trasferita anche Florence Crolet per studiare Farmacia.
I primi due anni a Lione si rivelarono molto proficui per Jean-Claude: portato per lo studio non ebbe difficoltà a superare tutti gli esami con ottimi voti. Verso la fine del secondo anno, Jean-Claude Romand iniziò anche a frequentare Florence.
La relazione, tuttavia, s’interruppe bruscamente dopo qualche mese: Florence gli disse che non si sentiva pronta per una storia d’amore, e di volersi invece concentrare sugli studi.
Poche settimane dopo la rottura con Florence, Jean-Claude avrebbe dovuto sostenere l’esame di ammissione al terzo anno di Medicina e Chirurgia. Romand si preparò con impegno e meticolosità com’era suo solito.
La mattina dell’esame, Jean-Claude si svegliò puntuale…ma non si alzò dal letto. Senza apparente motivo, rimase sdraiato sotto le coperte a guardare le lancette dell’orologio, lasciando che il tempo passasse. L’esame si sarebbe svolto alle nove del mattino, e Jean-Claude si alzò dal letto solo alle tre e mezza del pomeriggio.
Poco dopo, il telefono squillò e Aimé Romand chiese a suo figlio come fosse andato l’esame. Jean-Claude gli assicurò con voce calma e ferma che era fiducioso per un buon esito.
Jean-Claude Romand continuò a portare avanti la farsa per altri dieci anni, quando un giorno telefonò ai genitori e comunicò loro di essersi laureato a pieni voti.
Nonostante la loro rottura, Florence aveva proposto a Jean-Claude di rimanere in rapporti d’amicizia. Il ragazzo non accettò ma non dimenticò il suo amore per lei. Incapace di rassegnarsi Jean-Claude ricorse a un’altra menzogna: cominciò a raccontare ai suoi amici di aver ricevuto una diagnosi di cancro.
Quest’ennesima bugia altro non era che un meschino stratagemma per attirare l’attenzione di Florence: conoscendo l’animo buono della ragazza, Jean-Claude sperava che si sarebbe impietosita e, piena di sensi di colpa, sarebbe tornata da lui.
Lo stratagemma funzionò. Poco dopo aver saputo che Jean-Claude era malato di cancro, Florence decise di riallacciare i rapporti con lui e, poco dopo la finta laurea di Romand, si sposarono.
Continuò a mentire. Nel 1980, poco dopo il matrimonio, lui e Florence fecero ristrutturare un vecchio casolare a Prévessin-Moëns, al confine occidentale della regione dell’Auvergne-Rhöne-Alpes.
Prévessin è un piccolo comune abitato soprattutto da frontalieri: si trova infatti al confine con la Svizzera, e a solo un’ora d’automobile da Ginevra. Jean-Claude, infatti, aveva raccontato di aver vinto un concorso e di essere diventato un ricercatore presso l’Organizzazione Mondiale della Sanità a Ginevra e di occuparsi della sperimentazione di farmaci per il trattamento dell’aterosclerosi.
Dopo la sua finta laurea, Jean-Claude Romand aveva venduto l’appartamento dei genitori a Lione, e con il ricavato e l’aiuto economico dei suoceri era riuscito ad acquistare e a rinnovare la casa in cui si trasferì con la moglie.
Florence, nel frattempo, si era laureata in Farmacia e aveva iniziato a lavorare, ma aveva smesso poco dopo il matrimonio quando aveva scoperto di essere incinta. La coppia ebbe una bambina, Caroline, e due anni dopo un maschio, Antoine.
Jean-Claude si trovò quindi nella condizione di dover mantenere la sua famiglia con un tenore di vita adeguato alla professione che diceva di svolgere. Ricorse quindi a un altro stratagemma.
La sua posizione di ricercatore dell’OMS lo avrebbe dovuto portare a varcare ogni giorno il confine per recarsi a Ginevra. Giocando sulla fiducia che le altre persone avevano in lui, le convinse ad affidargli ingenti somme con la promessa di depositarle in una banca in Svizzera: ciò avrebbe permesso ai proprietari del denaro di pagare meno tasse sul reddito e di aumentare il capitale ogni anno.
Il (falso) dottor Romand si appropriava invece delle somme, che venivano spese per mantenere la sua famiglia. Molti suoi amici, ma anche i suoceri, i due fratelli della moglie e i genitori affidarono a lui il loro denaro, e spesso elargivano a Jean-Claude anche delle somme extra sotto forma di donazioni o di sovvenzioni per la sua attività di ricerca.
Ogni mattina, Jean-Claude Romand accompagnava Caroline e Antoine a scuola, dopodiché varcava il confine tra Francia e Svizzera a bordo della sua auto. A volte guidava fino a Ginevra, parcheggiava di fronte alla sede dell’OMS e partecipava alle conferenze come uditore, oppure entrava nella biblioteca e studiava i volumi di medicina per essere in grado di sostenere delle conversazioni con altri medici frontalieri di Prévessin con cui era in contatto.
Talvolta, invece, preferiva leggere seduto in auto, oppure guidava fino a un boschetto in svizzera dove faceva lunghe passeggiate.
Sebbene Florence gli ponesse spesso delle domande sull’OMS e sui suoi colleghi, il dottor Romand le rispondeva dicendo di voler tenere la sua vita privata separata da quella professionale, motivo per il quale non si faceva mai accompagnare dalla moglie ai ricevimenti e alle cene di lavoro e non permetteva che Caroline e Antoine partecipassero alla festa dell’Epifania che l’OMS organizzava annualmente per i figli dei dipendenti.
Jean-Claude Romand riuscì a portare avanti il suo inganno senza essere scoperto per diciotto anni.
Come ogni castello costruito con le carte, anche quello di Jean-Claude Romand era destinato prima o poi a crollare. Le prime crepe vennero inferte dalla persona che, forse, più di tutte gli aveva dato fiducia sin dall’inizio: suo suocero, Pierre Crolet.
Come tutti i membri della sua famiglia, anche Pierre Crolet aveva affidato a Jean-Claude Romand i suoi risparmi dietro la promessa di poter accrescere il suo capitale in Svizzera. Arrivato alla pensione, Pierre, che aveva dedicato tutta la sua vita al lavoro e alla sua famiglia, decise di concedersi un regalo.
Il padre di Florence avrebbe voluto acquistare un’auto nuova con la quale presentarsi al matrimonio del figlio: chiese dunque a Jean-Claude di accompagnarlo in Svizzera per poter prelevare dalla banca il denaro necessario.
Il 23 ottobre 1988, Jean-Claude Romand chiamò un’ambulanza: disse di trovarsi da solo in casa dei suoceri, e che Pierre Crolet era caduto dalle scale. L’uomo, entrato in coma, venne trasportato d’urgenza in ospedale: qui morì dieci giorni dopo, senza aver ripreso conoscenza.
Oggi, molti sospettano che Pierre Crolet fu la prima vittima di Jean-Claude Romand.
Il dottor Romand continuò a perpetrare il suo inganno per diversi anni dopo la morte del suocero, finché le cose non cambiarono improvvisamente a seguito del suo incontro con una donna, Chantal Delalande.
Jean-Claude e Florence erano amici del marito della donna, e avevano a lungo frequentato la coppia prima che quest’ultima si separasse. Chantal, una psicologa infantile, si era trasferita a Parigi insieme alle due figlie.
Romand aveva sempre amministrato con parsimonia il denaro che sottraeva ai famigliari e agli amici, conducendo una vita modesta per preservare le somme il più a lungo possibile. Ma Chantal aveva un ceto sociale troppo superiore al suo, e Jean-Claude diede fondo a tutti i risparmi che aveva accumulato per elargirle regali costosi, abiti, gioielli, per portarla a cena in ristoranti di lusso e per trascorrere con lei lunghe vacanze, oltreché per recarsi a Parigi da lei più volte alla settimana.
Chantal, comunque, si stancò presto del corteggiamento di Jean-Claude e, come aveva fatto Florence anni addietro, gli propose di mantenere il loro rapporto entro i confini dell’amicizia. Questo rifiuto gettò il dottor Romand nello sconforto, e più volte cercò di riconquistare Chantal – la quale, da parte sua, aveva affidato all’ex amante la cospicua somma di 900.000 franchi.
La situazione per il dottor Romand precipitò definitivamente durante le vacanze di Natale del 1992. Per far la corte a Chantal aveva esaurito tutto il capitale accumulato in quei diciotto anni di truffe, e Jean-Claude si sentì mancare la terra da sotto i piedi quando Chantal Delalande gli telefonò per chiedergli indietro il suo denaro.
Poco dopo questa telefonata, una seconda chiamata fece sprofondare Jean-Claude nella disperazione: sua madre Anne-Marie gli disse, agitatissima, di aver ricevuto dalla banca una lettera che sottolineava un ammanco di 40.000 franchi.
In quegli stessi giorni, Florence, che era all’oscuro della tresca del marito e in tanti anni non aveva mai sospettato di nulla, iniziò a porgli delle domande molto pressanti e circostanziate sul suo lavoro all’OMS – aveva forse cominciato a notare le incongruenze e le crepe nei racconti del marito.
Jean-Claude Romand si rese conto che il suo castello di bugie aveva i giorni contati, e che presto la verità sarebbe venuta a galla. Pensò di suicidarsi; poi, però, pensò che la sua morte avrebbe comunque rivelato al mondo chi fosse in realtà.
La sera dell’8 gennaio 1993, Florence Crolet mise a letto i figli e salì in camera. Nelle prime ore della mattina del 9 gennaio 1993, suo marito Jean-Claude Romand la colpì più volte alla testa con un mattarello, uccidendola nel sonno.
Dopo l’omicidio della moglie, il dottor Romand si stese nel letto accanto a lei e si addormentò. Poiché era domenica, i figli non sarebbero andati a scuola. Jean-Claude li svegliò dicendo loro di parlare piano per non svegliare la madre, che ancora dormiva. Preparò loro la colazione e si sedette a guardare i cartoni animati. A un certo punto, Jean-Claude tastò la fronte di sua figlia Caroline, e disse di volerle misurare la febbre.
Romand salì con lei nella camera dei bambini e la fece stendere a pancia in sotto sul letto, coprendole la testa con il cuscino. Nei giorni precedenti si era procurato un fucile calibro 22, che aveva nascosto dietro la porta. Romand mise il silenziatore all’arma e uccise Caroline con un colpo alla nuca.
Tornato di sotto, Jean-Claude disse ad Antoine che la sorella aveva la febbre e di voler misurare la temperatura anche a lui. Condusse anche il figlio in camera e gli coprì la testa con un cuscino, prima di sparargli alla nuca.
Caroline e Antoine Romand avevano sette e cinque anni.
Più tardi, Romand nascose il fucile nel bagagliaio dell’auto e si recò a Clairvaux-les-Lacs, per pranzare a casa dei genitori. Dopo il pasto, Jean-Claude disse a suo padre Aimé di accompagnarlo in un’altra stanza per riparare insieme una ventola rotta. Quando Aimé si chinò per esaminare la ventola, suo figlio lo uccise con un colpo di fucile alla schiena.
Pochi minuti più tardi, Jean-Claude sparò anche a sua madre colpendola in pieno petto.
Prima di andarsene dalla casa dei genitori, Jean-Claude freddò con una fucilata anche il labrador della coppia: quando gli venne chiesto perché avesse ucciso il cane, rispose che sua figlia Caroline gli era molto affezionata, e che le sarebbe piaciuto giocare con lui in Paradiso.
Pochi giorni prima Romand aveva dato appuntamento alla sua ex amante: sarebbe passato a prendere Chantal e sarebbero andati insieme a una cena di gala a casa di un eminente politico, e al termine della serata le avrebbe restituito i suoi soldi.
Jean-Claude guidò fino a Parigi a casa di Chantal, la quale aveva affidato le figlie a una baby-sitter. Romand imboccò delle vie a caso e, quando la donna iniziò a chiedergli quanto mancasse all’arrivo, finse di aver sbagliato strada e accostò con il pretesto di cercare l’indirizzo nel bagagliaio.
Romand stordì Chantal con uno spray e cercò di strangolarla usando una corda. La donna riuscì a liberarsi e a graffiare il suo assalitore, ma Jean-Claude riuscì a riprendere il controllo e continuò a cercare di strangolarla. Fu solo quando Chantal iniziò a implorarlo di risparmiarla per il bene delle sue figlie che Romand si fermò.
Jean-Claude tornò a Prévessin nel cuore della notte ed entrò in casa. Si era procurato una tanica di benzina e la svuotò in soffitta, dandole poi fuoco. Ingerì quindi un pacchetto di barbiturici scaduti dieci anni prima e si distese accanto al corpo della moglie, aspettando la morte.
Alle quattro di mattina, i vigili del fuoco corsero a spegnere le fiamme che s’intravedevano alzarsi dal tetto della casa. Jean-Claude venne trasportato d’urgenza in ospedale e ricoverato nel reparto ustioni in coma farmacologico.
L’Affaire Romand, come venne soprannominato dai media, sconvolse la Francia, e delle forti critiche vennero sollevate contro le istituzioni che, per diciotto anni, non avevano effettuato delle verifiche che, forse, avrebbero salvato la vita a cinque persone.
La perizia psichiatrica diagnosticò la presenza di un disturbo narcisistico con una personalità fortemente dipendente dall’assenso e dal plauso altrui, ma che non inficiava la capacità d’intendere e di volere.
Jean-Claude Romand venne condannato a ventisei anni di carcere. Durante il periodo di detenzione si comportò come un detenuto modello, ma non mostrò mai segni di pentimento. Parlò sempre degli omicidi definendoli “una tragedia” o “il suo dolore” e si dimostrò distaccato nei confronti del ricordo dei genitori, della moglie e dei figli.
Nel 2019, Jean-Claude Romand ottenne la libertà vigilata e venne accolto presso un istituto religioso cattolico. I fratelli di Florence, Emmanuel e Jean-Louis Crolet hanno fortemente criticato la decisione del tribunale, dichiarando che Jean-Claude sia riuscito a manipolare gli psichiatri.
Lo scrittore Emmanuel Carrère, autore della non-fiction “L’Avversario” basata sull’Affaire Romand, ha avanzato l’ipotesi secondo cui Jean-Claude in passato si fosse costruito per sé l’immagine di medico brillante e amorevole padre di famiglia; secondo Carrère, adesso la nuova immagine di Romand, un’immagine di penitente, altro non è che il reiterarsi di uno schema che il falso dottore ha seguito per tutta la sua esistenza.
La scrittura di Romand denota una personalità con un Io molto fragile, incapace di provare empatia, con quella zona media schiacciata e la forma angolosa e piccola.
Il foglio, del tutto occupato, mostra una certa tendenza ad accaparrarsi dell’ambiente circostante, un’incapacità ad avere pause di riflessione, di distacco emotivo, con una tendenza ad avere momenti di scoraggiamento, di perdita di forze e di umore instabile.